Da una recente statistica nelle nostre carceri ci sono più di 20mila detenuti stranieri. Analizzando poi la provenienza, troviamo al primo posto i cittadini marocchini (il 18,5 per cento dei detenuti stranieri), seguiti dai rumeni (12,9 per cento), gli albanesi (12,7 per cento) e i tunisini (10,8 per cento). Paesi come Nigeria e Senegal raggiungono percentuali più basse. Con oltre 20 mila detenuti stranieri l’italia deve far fronte non solo alle spese di mantenimento, ma anche al problema del sovraffollamento delle carceri.
Quanto ci costa mantenere in carcere un detenuto? A prescindere dalla nazionalità, ogni giorno lo stato spende all’incirca 137 euro a persona. Moltiplicato per l’intera popolazione carceraria ci troviamo davanti ad una cifra esorbitante: circa tre miliardi di euro. È questo il costo annuale dei detenuti in Italia. A conti fatti significa che un terzo della spesa complessiva che lo Stato riserva alle carceri italiane è destinato al mantenimento dei detenuti stranieri.
Va precisato comunque che l’80% di questa somma è destinata alle spese del personale civile e di polizia penitenziaria. Inoltre non è assolutamente vero che un cittadino straniero costa più di uno Italiano.
Nel dettaglio quindi, togliendo le spese per il personale, ogni straniero costa allo stato quasi 10 euro al giorno, 300€ al mese, somma che va ovviamente moltiplicata per i quasi 20mila stranieri detenuti.
Per approfondire leggi anche: Quanto costa stare in carcere? Chi paga?
Ma è possibile far scontare le pene nei paesi di origine? Facciamo chiarezza.
La questione del trasferimento dei detenuti stranieri è regolamentata dalla Convenzione di Strasburgo del 1983, entrata in vigore in Italia sei anni più tardi 1989. All’articolo 3, la Convenzione – sottoscritta solo da alcuni Paesi – afferma che una persona può essere trasferita solo in specifiche condizioni. Per esempio, la sentenza di condanna deve essere per almeno sei mesi di reclusione e definitiva, e il condannato deve acconsentire al trasferimento.
Inoltre, la legge sull’introduzione del delitto di tortura del 14 luglio 2017 impedisce di estradare una persona quando ci sono motivi fondati di ritenere che essa rischia di essere sottoposta a tortura. Per finire poi occorre trovare accordi con i Paesi di origine per riprendersi i propri cittadini.
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