Sono 35 i suicidi e 2.250 le aggressioni subite negli ultimi cinque anni dai poliziotti penitenziari. Una tendenza in aumento che svela tra le righe le reali condizioni di lavoro del corpo, al limite delle possibilità e in una condizione penitenziaria che necessita di essere riformata sia per la condizione dei detenuti, sia per quella degli operatori. Ma la riforma dell’ordinamento penitenziario è ancora ferma a pochi passi dal traguardo. Nonostante le sollecitazioni del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, l’apertura del presidente della Camera, Roberto Fico, e il recente appello sottoscritto dai 137 componenti degli Stati Generali dell’esecuzione penale, la Commissione speciale della Camera non è ancora tornata sui suoi passi e non ha ancora inserito in calendario l’esame finale sul decreto principale della riforma.
Nel frattempo, però, si suicidano anche gli agenti penitenziari. Cinque giorni fa un agente penitenzia- rio del Gruppo Operativo Mobile ( Gom) di 31 anni della casa circondariale di Aosta – D. S., di origini sarde, sposato da pochi mesi, in forza al della Polizia Penitenziaria e in questo periodo operativo in Sardegna – si è tolto la vita a Oristano. A darne la notizia è stato Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. «Sembra davvero non avere fine il mal di vivere che caratterizza gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria», ha detto il segretario del Sappe: «Tragedie che ogni volta che si ripetono determinano in tutti noi grande dolore e angoscia. E ogni volta la domanda che ci poniamo è sempre la stessa: si poteva fare qualcosa per impedire queste morti ingiuste? Si poteva intercettare il disagio che caratterizzava questi uomini e, quindi, intervenire per tempo? Siamo vicini alla moglie, al figlio, ai familiari e agli amici.
l numero degli agenti penitenziari che decidono di togliersi la vita cresce al livello esponenziale. A denunciare questo fenomeno attraverso i dati ufficiali è la Funzione pubblica Cgil polizia penitenziaria. Parliamo di un nuovo step della campagna della categoria dietro le parole “dentro a metà” lanciata proprio per mostrare le condizioni di vita e di lavoro del personale di polizia penitenziaria. Tra il 2013 e il 2017, in soli cinque anni, secondo i dati raccolti dalla Fp Cgil, 35 sono stati i poliziotti penitenziari che si sono tolti la vita, il più delle volte con l’arma di ordinanza.
A questo si aggiunge anche un altro problema. Nelle scorse settimane, 600 agenti hanno compilato un questionario commissionato dal sindacato penitenziario della Uil ed è emerso che molto dello stress lamentato dagli agenti dipenderebbe dalla chiusura degli ospedali psichiatrici. Con la chiusura degli Opg, infatti, è aumentata la presenza di questi detenuti negli istituti penitenziari causando nuove criticità e problematiche di gestione sia del detenuto con problemi psichici che del ristretto esasperato dalla coesistenza con il soggetto malato. Tra le cause anche, carenza di personale, formazione scadente e dirigenti poco attenti e preparati. Ma, se quasi un terzo degli agenti della penitenziaria dichiara un disagio al limite della sopportazione, il 65% lamenta una situazione di forte malessere.